Nell’ordinamento interno italiano per stabilire la residenza fiscale delle persone fisiche, occorre fare riferimento alla nozione del TUIR, in base al quale si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Le tre condizioni sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento, cioè negli anni solari considerati, una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese. Quindi, assume fondamentale importanza, ai fini della qualificazione fiscale del medesimo quale soggetto residente in Italia, la verifica della sussistenza di almeno uno dei requisiti, residenza e domicilio. In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio. La residenza è definita dal codice civile come il luogo in cui la persona ha la dimora bituale. Essa è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi. Cosicché l’abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

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