I PIR sono stati introdotti nell’ordinamento italiano dalla legge di Bilancio 2017 (L. 11.12.2016, n. 232) con lo scopo di incentivare la canalizzazione del risparmio verso investimenti a lungo termine a favore di determinate imprese.
I benefici fiscali accordati ai titolari dei PIR consistono:
• nell’esenzione dall’imposizione dei redditi di capitale conseguiti dagli investitori privati, cioè da persone fisiche residenti nel nostro Stato;
• nella non assoggettabilità all’imposta sulle successioni e donazioni dei trasferimenti a causa di morte degli strumenti finanziari contenuti nel piano.
Secondo la disciplina contenuta nella legge istitutiva, ai commi 100-114, queste sono le caratteristiche principali della nuova forma di investimento:
natura: i PIR sono dei “contenitori fiscali”, al cui interno è possibile inserire svariate tipologie di strumenti finanziari come azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni, purché emessi da imprese che possiedono determinati requisiti quanto all’attività economica svolta e allo Stato di residenza;
titolarità dei PIR: persone fisiche residenti nel nostro Stato. Ogni persona non può detenere più di un PIR e ogni PIR può essere intestato a una sola persona fisica;
ammontare massimo: per contenere i benefici fiscali ottenibili sono introdotti limiti quantitativi. Il PIR si costituisce con la destinazione di somme o valori per un importo non superiore, in ciascun anno solare, a € 30.000, fino al raggiungimento di un ammontare massimo complessivo di € 150.000;
tipologia degli investimenti: per almeno i 2/3 di ciascun anno solare, le somme o i valori destinati nel PIR devono essere investiti per almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, residenti nello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo; almeno il 30% della predetta quota del 70%, e, quindi, almeno il 21% del valore complessivo, deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Inoltre, la quota investita in depositi e conti correnti non può eccedere il 10% degli investimenti complessivi. Lo scopo evidente dei vincoli è quello di far convogliare i risparmi verso le PMI;
frazionamento degli investimenti: le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti per una quota superiore al 10% del totale in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte;
durata della detenzione: gli strumenti finanziari in cui è investito il piano devono essere detenuti per almeno 5 anni. In caso di rimborso degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito in strumenti finanziari entro 30 giorni;
cessione anticipata: se gli strumenti finanziari del PIR venissero ceduti prima dei 5 anni, andrebbero versate le imposte che sarebbero state dovute con le regole della tassazione ordinaria, unitamente agli interessi, ma senza sanzioni.
Con la circolare n. 3/E/2018, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai piani di risparmio, specificando che, nel caso di decremento dell’attivo patrimoniale, verificatosi nell’anno successivo a quello in cui si è realizzato il piano individuale di risparmio, gli enti non possono effettuare ulteriori investimenti qualificati. Nel caso di incremento dell’attivo, gli ulteriori investimenti possono essere effettuati solo nel limite del 5% dell’avvenuto aumento.
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