Alcune spese agevolate dal superbonus rischiano di finire in un buco nero. Il problema si pone per le spese pagate nel 2020 e ammesse al 110%, per le quali non è ancora stato raggiunto lo stato avanzamento lavori (Sal) del 30 per cento. È una situazione frequente per chi ha iniziato i lavori molto tardi nel corso del 2020 o ha sostenuto solo spese “iniziali”, come ad esempio quelle per la diagnosi energetica, la progettazione, i primi acconti e così via.
Da dove nasce il problema?
Da un lato, il decreto Rilancio ammette l’opzione per la cessione del credito d’imposta anche in occasione di un Sal – e non per forza alla fine dei lavori – ma per gli interventi agevolati dal superbonus impone che i Sal siano al massimo due e che ciascuno di essi si riferisca almeno al 30% dell’intervento.
Dall’altro lato, l’Agenzia delle Entrare stabilisce che la comunicazione di opzione deve essere inviata in via telematica alle Entrate «entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione». Perciò, se le spese sostenute nel 2020 non hanno ancora raggiunto un Sal del 30%, la cessione non può essere comunicata.
Con le regole attuali, i committenti che non avranno raggiunto il 30% saranno condannati a utilizzare direttamente sotto forma di detrazione la prima rata del 110%, cioè quella da spendere nella dichiarazione dei redditi 2021. Dopodiché, potranno poi comunicare la cessione delle rate residue (dalla seconda alla quinta) entro il 16 marzo 2022. Ma è una soluzione tutt’altro che entusiasmante, perché potrebbe far perdere la prima rata di detrazione a diversi contribuenti: pensiamo solo agli incapienti, ai frontalieri, e a coloro che applicano il regime forfettario.
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