Per la legge italiana, anche in virtù delle recenti modifiche apportate, sono «locazioni brevi» gli affitti che abbiano le seguenti caratteristiche:

● riguardino stanze o abitazioni;

● non durino più di 30 giorni;

● siano stipulati direttamente o tramite soggetti che fanno intermediazione immobiliare o gesticono portali online (come Airbnb, ma non solo);

● includano eventualmente la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e pulizia dei locali (e utenze, wi-fi e aria condizionata);

● siano stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.

Proprio su quest’ultimo punto interviene la legge 12/1995, secondo cui, come si legge nel quesito, «l’esercizio di affittacamere privato è possibile solo nel caso in cui non vengano stipulati più di quattro contratti di locazione all’anno per ogni camera o appartamento e purché non venga svolta un’attività di promozione rispettivamente di intermediazione o non ci si avvalga della stessa». Normativa che, però, secondo le Entrate, disciplina materie diverse e presenta diverse finalità.

Come già affermato nella circolare 24/E/2017, il contribuente – anche se supera i quattro contratti – può applicare la cedolare, senza dover dichiarare i proventi come redditi d’impresa (fermo restando il rispetto dei requisiti generali appena citati, a partire dalla mancanza di “organizzazione” di mezzi).

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