L’incasso fiscale della voluntary disclosure,l’operazione di rientro dei capitali chiusa a fine anno, potrebbe essere sensibilmente più alto delle stime – prudenziali – fatte dall’agenzia delle Entrate due mesi fa, superando agevolmente quota 4 miliardi. È questo un primo taglio empirico dei contraddittori tra amministrazione e contribuenti in corso nelle Direzioni provinciali e regionali delle Entrate.
Tuttavia l’esito della prima campagna per l’emersione di massa del nero internazionale (e domestico) quasi certamente non ha raggiunto l’obiettivo di far rientrare – ed emergere- tutto quello che era sparito in decenni di allergia fiscale.
A non convincere sono le statistiche relative ad alcuni ex paradisi considerato che non tutti hanno innescato un processo virtuoso interno di trasparenza del sistema bancario e di crescita culturale della propria clientela. L’analisi dei flussi finanziari internazionali dovrebbe fornire una prima indicazione di compatibilità dei risultati, su cui innestare poi una serie di correttivi per una lettura attendibile.
Solo alla luce delle stime di rientro e di nuovo gettito potenziale il Governo a deciderà se, come e quando riaprire il tavolo con i contribuenti più “ smemorati”, e soprattutto a quali condizioni. A questo si aggiunge un altro fronte: il possibile avvio dei controlli nei confronti dei contribuenti che non hanno aderito.
Ma intanto una riflessione è già maturata negli ambienti del Mef e dell’agenzia delle Entrate e riguarda la cosiddetta voluntary nazionale. L’emersione da “cassette di sicurezza”, come era stata presentata dai promotori parlamentari, non ha funzionato; il rapporto tra contante e circolante è ancora troppo sbilanciato in una direzione che fa ritenere che molto “ nero” sia tuttora immobilizzato fisicamente.
Nonostante un costante e trasversale pressing sottotraccia il governo ha di fatto rinunciato ad agganciare una nuova finestra per il rientro dei capitali: il passaggio invano dell’ ultimo treno del Milleproroghe dimostra che l’evenutale disclosure/2 non è oggi un tema prioritario per Palazzo Chigi.
Ma secondo molti osservatori è destinato a diventarlo nei prossimi due mesi, quando la finanza pubblica comincerà a boccheggiare sotto la minaccia, tra l’altro, per milioni di contribuenti, delle clausole di salvaguardia accese dai governi emergenziali del 2011-2013.
A quel punto si tratterà solo di capire come agganciare la nuova campagna di rientro alla precedente, a partire da sanzioni e interessi applicabili, per finire al periodo di estensione della nuova voluntary disclosure. Sempre che non si decida di rendere permanente la finestra di accesso alla sanatoria/compliance fiscale, come è stato fatto, tra l’altro, negli Statu Uniti, in Gran Bretagna e in Germania.
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