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Le dichiarazioni del presidente dell’Inps relative alle future pensioni che spetteranno ai nati nel 1980 continuano a generare le polemiche. Come ha sottolineato ieri Tito Boeri, i nati dopo il 1980 rischiano di dover aspettare fino ai 75 anni d’età a causa della carriera discontinua e, di conseguenza, del mancato versamento dell’ammontare di contributi richiesto dalle leggi attualmente in vigore, ma anche dell’aumento dell’aspettativa di vita. La Legge Fornero, infatti, non solo penalizza la discontinuità contributiva, ma anche e soprattutto i percettori di redditi bassi. Per evitare che i giovani di oggi possano rischiare di andare davvero in pensione a 75 anni e oltre, nel corso degli ultimi anni sono state introdotte nuove proposte di riforma del sistema pensionistico italiano. L’ultimo pacchetto, in ordine cronologico, è stato presentato proprio da Boeri e prevede la cosiddetta flessibilità in uscita, ovvero la possibilità di andare in pensione prima rinunciando a una percentuale dell’assegno pensionistico maturato. Le coperture individuate per l’eventuale applicazione di questa proposta, però, vedrebbero il decurtamento delle attuali pensioni in pagamento, in particolare di quelle più generose. E infatti, come spiega Enrico Marro sul Corriere della Sera, proprio questo dettaglio avrebbe spinto il governo a respingere al mittente parte della riforma targata Boeri.
Le regole pensionistiche attuali prevedono ci vogliano 66 anni e 7 mesi per maturare quella che comunemente viene definita la “pensione di vecchiaia”. Dal 2019, però, ogni due anni la speranza di vita verrà adeguata e si arriverà quindi ai 70 anni nel 2049, stando alle proiezioni Fornero. Per la pensione anticipata, invece, occorrono attualmente 42 anni e 10 mesi di contributi che, sempre per effetto dell’adeguamento dell’aspettativa di vita, arriveranno a toccare i 46 anni e 3 mesi nel 2049. Tornado al dato di Boeri, da dove vengono fuori quindi quei 75 anni per i giovani classe ’80? La spiegazione si trova nell’articolo 24 del Salva-Italia, l’articolo che contiene la riforma Fornero. Queste norme sostengono che si possa andare in pensione con il sistema contributivo solo rispettando un certo limite di reddito. Questo vuol dire che quanto più questo reddito sarà basso, quanto più sarà impossibile ritirarsi prima dal lavoro. Per accedere alla pensione anticipata, quindi, la pensione lorda mensile maturata non potrà essere inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale, che attualmente ammonta a 448 euro. Per la pensione di vecchiaia, invece, non si può maturare meno di una volta e mezzo l’assegno minimo. Chi non riesce a maturare queste cifre perché ha un reddito troppo basso o ha accumulato dei buchi contributivi, in pratica sarà costretto a lavorare di più, in media 4 anni in più.

 

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