La legge sulle imprese artigianali (LIA) adottata lo scorso 24 marzo dal Gran Consiglio entrerà in vigore il 1° febbraio prossimo.
Tale legge mira a tutelare la qualità dei lavori delle imprese che operano sul territorio ticinese e a prevenire gli abusi nell’esercizio della concorrenza tramite un maggiore controllo da parte del Cantone in un settore, come quello dell’artigianato e dell’edilizia secondaria, particolarmente toccato dall’afflusso di lavoratori frontalieri, fornitori di prestazioni indipendenti esteri e lavoratori distaccati.
Si tratta di un provvedimento del Consiglio di Stato del Canton Ticino in base al quale si pretende dalle imprese italiane della filiera casa (dagli edili agli impiantisti idraulici ed elettrici; l’elenco dei settori assoggettati e dei relativi requisiti, come pure gli aspetti organizzativi e di funzionamento dell’albo sono ora stati disciplinati nel Regolamento di applicazione della LIA, elaborato in collaborazione con l’Unione Associazioni dell’Edilizia (UAE), attualmente in consultazione presso gli enti e le associazioni interessate). che lavorano o vogliono lavorare sul territorio ticinese, l’iscrizione all’Albo delle imprese artigianali.
Si configura come un nuovo adempimento che si va ad aggiungere a quelli già esistenti per poter lavorare in Svizzera.
Confartigianato Varese non nasconde la propria preoccupazione per le imprese associate che già lavorano con imprese e privati al di là del confine e quindi si è mossa con le autorità ticinesi ed è in grado di fornire i primi dettagli tecnici in attesa che, completato il quadro normativo, si possa procedere con un affiancamento il più possibile esaustivo nei confronti delle aziende, perché la raccolta e la compilazione della modulistica richiesta dalle autorità d’oltreconfine è piuttosto complessa.
La nuova legge LIA disciplina l’esercizio della professione di imprenditore nel settore artigianale introducendo, però, elementi che ostacolano la circolazione delle imprese estere in Canton Ticino in contrasto con gli accordi bilaterali tra Unione Europea e Svizzera. Inoltre, nella legge viene inserito anche l’obbligo di rispettare, da parte delle imprese, determinati requisiti professionali, come l’omologazione dei titoli di specializzazione, che sono demandati all’assoluta discrezionalità di giudizio di una Commissione che, probabilmente, andrà a colpire soprattutto le imprese di più piccole dimensioni. A questo va aggiunta la sperequazione dei costi di iscrizione all’Albo (2.000 CHF più 300 CHF per ogni specializzazione: per esempio, se sono imbianchino e anche gessatore dovrò versare 600 franchi), la polizza assicurativa richiesta con massimale di 1 milione di franchi, le sanzioni che possono arrivare fino a 50.000 CHF e la raccolta di circa 7 tra certificati e permessi da consegnare, poi, alle autorità ticinesi.
Porre vincoli così severi alle imprese italiane non è vantaggioso neppure per le aziende svizzere perché gli imprenditori italiani sono proprio quelli che garantiscono l’operatività, ventiquattro ore su ventiquattro, degli impianti produttivi delle imprese del Canton Ticino. L’eventuale danneggiamento che deriverà dall’applicazione della LIA, quindi, interesserebbe non solo i nostri professionisti ma anche tutte quelle realtà imprenditoriali d’oltreconfine che fino ad oggi hanno fatto leva sulla preparazione, sulla flessibilità e sulla prontezza delle imprese italiane.
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