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Un tema di rilevante interesse per chi detiene patrimoni all’estero riguarda le imposte pagate in paesi stranieri, possono essere queste portate in diminuzione di quanto si paga sulle medesime poste in Italia?

Recentemente l’Agenzia delle Entrate è tornata sull’argomento con una circolare, la numero 9/E/2015, che ribadisce alcune interpretazioni chiave.

La doppia imposizione internazionale è generata dal sovrapporsi di potestà impositive. Tale conflitto si verifica tra Stato della fonte e Stato della residenza, laddove il primo applichi il principio di territorialità e il secondo adotti l’approccio di tassazione del reddito mondiale; normalmente il rimedio adottato è il credito d’imposta.

L’ordinamento fiscale italiano ha adottato il credito d’imposta sui redditi prodotti all’estero dai propri residenti. Con tale metodo, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente), è inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenze, mentre se è superiore non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero.

In particolare l’art. 165, c. 1 del TUIR detta le condizioni di applicabilità del credito, prevedendo che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta“. Le condizioni richieste sono:

  •  la produzione di un reddito all’estero;
  •  il concorso di quel reddito estero alla formazione del reddito complessivo del residente;
  •  il pagamento di imposte estere a titolo definitivo.

In applicazione della norma convenzionale, il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile. Se manca una Convenzione, invece, occorre far riferimento all’art. 23 del TUIR secondo cui un reddito si considera come prodotto nel territorio dello Stato. Per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’art. 165 del TUIR, è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente. L’istituto non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. Nella sostanza, l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi stranieri che generano un’imposta sul reddito. Non sempre è agevole stabilire se il tributo estero rientri tra quelli accreditabili ai fini dell’art. 165 del TUIR.

In caso di dubbi (sia in presenza di Convenzione che in assenza della stessa) il contribuente può presentare istanza di interpello ordinario ai sensi della Legge 27.07.2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente”.

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