Il CoronaVirus ha creato una certa preoccupazione nella popolazione italiana. In molti si sono chiesti che regole seguire per quanto riguarda l’attività di lavoro. E’ giusto rimanere a casa? Oppure è necessario recarsi sul luogo di lavoro?

Alcuni chiarimenti sono stati forniti dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro nella nota diffusa il 24 febbraio. Il decreto legge 6/2020 che contiene le misure urgenti per contenere e gestire l’emergenza da Coronavirus, varato il 23 febbraio dal Governo (e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno). In generale, le regole che valgono sono le seguenti:

Chi si assenta dal lavoro per la sola paura del contagio da Coronavirus, senza alcun provvedimento delle Autorità o decisione della propria azienda, sarà considerato assente ingiustificato e rischia un provvedimento disciplinare.

Chi è in quarantena obbligatoria è trattato invece come se fosse in malattia.

La sospensione dell’attività aziendale decisa per precauzione comporta l’assenza giustificata del lavoratore e la chance dell’accesso alla cassa integrazione per l’azienda.

La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha quindi passato al setaccio cinque situazioni tipo nelle quali potrebbero trovarsi i lavoratori nei territori interessati dal virus.

A casa per ordinanze: smart working anche senza accordo scritto
Per le assenze dal lavoro in seguito a ordini delle autorità pubbliche che impediscano ai lavoratori di uscire di casa, c’è l’impossibilità di andare al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata. L’assenza del lavoratore in questi casi è necessaria. È infatti questo uno dei casi per i quali è stata richiesta l’emanazione di un provvedimento normativo che preveda la Cig per queste tipologie di eventi.

Un’alternativa può essere lo smart working regolato dalla legge 81/2017: il lavoratore subordinato può svolgere la sua prestazione da casa, senza recarsi sul luogo di lavoro. Data la situazione di emergenza, il Dpcm pubblicato sempre il 23 febbraio per contenere il contagio in Lombardia e in Veneto ha previsto la possibilità di adottare lo smart working in via “automatica” nelle aree considerate a rischio, senza il preventivo accordo scritto fra le parti.

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