L’emergenza epidemiologica da Coronavirus pone una serie di problematiche per i datori di lavoro. In tutti i luoghi di lavoro le persone si trovano in condizioni di prossimità.

Ci si potrebbe chiedere quindi se, in una situazione straordinaria di questo tipo, si possa:

  • raccogliere, al momento della registrazione di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da Coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, al fine di approntare misure di prevenzione dal contagio;
  • per datori di lavoro pubblici e privati, acquisire una “autodichiarazione” da parte dei dipendenti in ordine all’assenza di sintomi influenzali, e vicende relative alla sfera privata.

Il Garante della Privacy ha rilasciato un comunicato dove sostanzialmente dichiara che occorre rispettare la normativa vigente. Sia quella ordinaria recante le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro (in collaborazione con il “medico competente”), sia quella introdotta con la decretazione d’urgenza e con le ordinanze di protezione civile. Senza trascurare e, anzi, rispettando, al contempo, la normativa in materia di tutela dei dati personali dettata dal GDPR e dalla normativa nazionale in materia. Da un lato comportandosi da “Titolare del trattamento avveduto” e, d’altro canto, rispettando il principio fondamentale di “minimizzazione” del trattamento dei dati. Quindi, il Garante, sobriamente, chiarisce che i datori di lavoro devono “astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa”. E, al riguardo, va chiarito che in caso contrario, il trattamento illecito di dati “sensibili” comporta per il titolare pesanti conseguenze sanzionatorie, se del caso anche di natura penale.

Tuttavia viene anche chiarito che in capo al datore di lavoro permangono anche gli “ordinari” compiti relativi alla necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal COVID19 per la salute sul posto di lavoro e tutti gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori.

Tale compito però deve essere necessariamente messo in atto col medico del lavoro competente. Il Garante quindi vieta iniziative di carattere individuale, ma ribadisce di attenersi alle indicazioni ordinarie e di seguire quanto prevedono i protocolli sanitari istituiti ad-hoc per l’emergenza.

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