Capita che alle intenzione migliori seguano delle soluzioni disfunzionali.

Il caso riguarda i bonus per ristrutturazione edilizia. E’ stata varata a Luglio una misura di facciata che vuole realizzare un giusto obiettivo permettere al cliente di usufruire del bonus immediatamente e non in 10 anni, mediante uno sconto in fattura da chiedere al fornitore

Questi potrà però recuperare il credito solo mediante compensazione con altri tributi/contributi in quote costanti ripartite in 5 anni e senza possibilità di chiedere il rimborso. Si introduce così una sorta di competizione commerciale tra operatori in cui quelli dotati finanziariamente sono in grado di concedere questo vantaggio, anticipando le risorse necessarie e acquisendo la clientela a scapito di coloro (i più deboli e piccoli) che non hanno imposte/contributi sufficienti per la compensazione e che rischiano di chiudere in poco tempo se dovessero concedere quegli sconti, essendo oltretutto loro vietato di cedere il credito ad una banca.

Nel gioco del cerino così innescato, i fornitori che non vogliono aderire all’opzione cercano comunque di evitare le trappole di questa misura adottando clausole contrattuali di prevenzione. I consumatori incapienti di imposte dovute a loro volta rischiano di rimanere con le mosche in mano.

Lo scotto per il fornitore è di natura finanziaria, trattandosi di anticipare le somme a favore dei consumatori, non si comprende la ragione del divieto di cessione di questi crediti alle banche ed altri intermediari finanziari che non sia il timore di un commercio indebito di queste agevolazioni.

Che tutti gli attori di questo teatrino si sentano presi in giro è una sensazione avvertita diffusamente e ripropone innanzitutto per la politica la necessità di misure effettivamente mirate all’obiettivo da conseguire ed evitare distorti meccanismi di aggiramento con cui si rischia di rendere vano l’incentivo che si vuole concedere.

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