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Dal primo gennaio 2015 è entrata in vigore la nuova EU VAT, l’Iva europea che inverte la logica nell’imposta sui servizi digitali: d’ora in avanti si pagherà a seconda del luogo dell’acquisto e non più del luogo di vendita. Pensata chiaramente per intervenire sul mercato degli OTT (over-the-top content) digitali e del commercio elettronico, comporterà in Italia dei rialzi nelle applicazioni, la musica, i canoni di abbonamento a servizi cloud e voip. Coinvolte tutte le più grandi aziende, Apple, Google, Amazon, ma soprattutto le tasche dei consumatori.

Si è già molto parlato della EU VAT, ma da qualche giorno stanno arrivando notifiche indirizzate agli utenti, segni concreti del cambiamento da parte delle società coinvolte. Apple ha notificato ai propri sviluppatori di applicazioni sullo store che la nuova Iva europea comporterà delle modifiche, senza per ora specificare quali. Google Play, invece, ha deciso di versare l’Iva differente di ogni paese variando successivamente la percentuale riconosciuta agli sviluppatori.

In ogni caso, la nuova iva europea applicata in un paese che ha l’imposta al 22% comporterà l’aumento del prezzo di un’applicazione, di una traccia musicale oppure la diminuzione della cifra garantita ai suoi autori.

Già certo, ad esempio, l’aumento delle tariffe a consumo di Skype, che ha avvisato con una mail i suoi clienti. Grazie alla nuova Iva passerà dall’abbonamento a 5,75 euro (IVA 15% Lussemburgo) a 6,10 euro (IVA 22% Italia). Un rialzo dichiaratamente imputato alla decisione di Bruxelles di incardinare i servizi digitali alle diverse aliquote nazionali.

Dal 1° gennaio cambiano dunque le tariffe delle chiamate su Skype. Da notare l’attenzione rivolta al corretto indirizzo dell’utente: per stabilire l’aliquota è determinante capire la destinazione del servizio acquistato, che corrisponde nella maggior parte dei casi alla residenza dell’acquirente, al suo IP o alla registrazione della SIM.

Anche Amazon e Google sono coinvolte. I loro prodotti digitali acquistati in Italia costeranno di più: musica, applicazioni, anche tutte le parti di cloud computing. I servizi premium o i beni immateriali che prevedessero un acquisto online subiranno la nuova iva, che prevede sia versata in ciascun paese contando sulle camere di compensazione delle agenzie delle entrate.

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Caso Ebook

Sugli ebook c’è un grande punto di domanda. In questo momento l’Italia vive una condizione particolare, il Parlamento ha appena approvato l’Iva al 4% sui libri elettronici, equiparandoli fiscalmente ai libri cartacei. Il provvedimento ha aperto un possibile conflitto a livello Europeo, in quanto gli ebook sono considerati, in sede Europea, come prodotti digitali a cui dovrebbe essere applicata la nuova EU VAT con aliquota del 22%.

I grandi store come Amazon e gli editori quale aliquota applicheranno?. La sensazione è che nessuno sappia con chiarezza cosa fare, quindi chi prima applicava l’aliquota lussemburghese applicherà più probabilmente quella italiana al 22%, salvo eventualmente correggere in corsa. Dipende. Com’è noto, l’imposta al 4% sugli ebook infrange le norme della comunità europea e il governo potrebbe essere costretto in futuro a tornare sui suoi passi. Una ragione in più per non credere nella fortuna dell’Iva al 4% è in ogni caso la concorrenza che l’EU VAT ha creato all’interno del mercato unico. Se l’Italia mantenesse questa aliquota bassa, dagli altri paesi ci sarebbe vantaggio ad acquistare ebook dall’Italia, ma questo potrebbe creare dei squilibri alla concorrenza interna, con conseguenti ricorsi da parte degli altri Peasi membri alla commissione.

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